Ascensione di Gesù al cielo

Ascensione di Gesù al cielo

Quaranta giorni dopo la Pasqua, quindi nel Giovedi della sesta settimana di Pasqua, tutta la Chiesa festeggia l’Ascensione al cielo di Gesù.Il Vangelo di Luca (Lc 24, 36-53), con la semplicità schietta e concreta che si riscontra in tutti i vangeli,  riporta l’episodio con tratti brevi ed essenziali.
Poi (il Signore Gesù) condusse (gli apostoli) fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Gesù, quindi, si “separa” da noi; ma la gioia degli apostoli sta nella certezza della Sua Presenza, proprio grazie a questo “distacco”:  “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”

L’Ascensione di Cristo nella Chiesa d'Oriente: dono da contemplare e compimento dell’umanità - Mons. Francesco Braschi - Radio Maria 4 maggio 2021

Proprio perché ci stiamo avvicinando alla fine del tempo pasquale, questa sera ci soffermiamo sulla festa dell’Ascensione, festa particolarmente bella e importante.

Iniziamo col chiederci che cosa ci permette di celebrare la festa dell’Ascensione e soprattutto quali sono gli spunti che vengono offerti alla vita spirituale di ciascuno di noi grazie a questa festa.

Possiamo innanzitutto ricordare che la festa dell’Ascensione nasce quando a Gerusalemme si fa sempre più forte l’esigenza di celebrare i vari momenti della vita di Gesù nei luoghi che li hanno visti, e dunque a Gerusalemme ci si recava sul Monte degli Ulivi per ricordare il giorno dell’Ascensione.

Così in quello che nel rito bizantino era una celebrazione unica, ovvero il tempo Pasquale (ma questo avveniva anche nel rito romano perché parliamo del IV secolo quando c’era ancora una parentela molto stretta), quello che era un tempo di 50 giorni, che andava dalla Pasqua alla Pentecoste, che celebrava come un tutt’uno tutta la ricchezza della Resurrezione di Gesù, in questo tempo si comincia a celebrare con particolare solennità il quarantesimo giorno, il giorno dell’Ascensione, proprio per ricordare in quel giorno l’episodio che viene riportato dagli Atti degli Apostoli e dal Vangelo di Luca appunto quello dell’Ascensione di Gesù al cielo.

Così questa festa diventa, da un lato, un arricchimento del tempo di Pasqua, perché è il Gesù risorto che ascende al cielo; e nello stesso tempo prepara la Pentecoste, perché Gesù dice: “quando sarò asceso al cielo vi manderò un altro consolatore, lo Spirito Paràclito, lo Spirito che il mondo non conosce”.

In questo quadro così ricco l’Ascensione prende l’aspetto di un vertice, di un punto di arrivo della storia della salvezza: lo dice così un tropario: “portando a compimento il mistero dell’economia o Signore sei salito verso il Monte degli Ulivi ed ecco sei penetrato nel firmamento del cielo”. Che cosa significa “portando a compimento il mistero dell’economia”? L’uomo si è allontanato da Dio, si è staccato da Dio, e questo come si collega all’Ascensione? ...leggi tutto 

Per ascoltare la lezione dal sito di Radio Maria, clicca qui

Ascensione: brevi riflessioni dalla tradizione orientale

Nella liturgia bizantina, il mercoledì sera si celebra il cosiddetto "congedo di Pasqua" ; in questo giorno l'inizio e la fine della liturgia sono identici a quelli della festa di Pasqua; in un certo senso ci si congeda dalla Pasqua, ma come gli apostoli che "erano ripieni di gioia" anche noi oggi festeggiamo questa Sua presenza che salendo al cielo rimane sempre con noi...La festa dell'Ascensione è la festa del Cielo che si apre all'uomo come dimora autentica...il cielo è la verità ultima della terra.
Chi dal cielo è disceso sulla terra per restituirci il cielo? Dio. Chi dalla terra è asceso al cielo? L'uomo Gesù. Dio si è fatto uomo perchè l'uomo potesse diventare Dio (Sant'Atanasio il Grande),Dio è disceso sulla terra affinchè noi ascendessimo al cielo. Se in Lui l'uomo si innalza, e non cade, allora in Lui anch'io posso avare accesso all'Ascensione, vi sono chiamato e in questo si svela il fine, il significato e la gioia ultima della mia vita sulla terra. Questo è ciò a cui, dall'eternità, Dio ci chiama.

(A. Schmeman, "i passi della fede", Ed. "La casa di Matriona" - per acquistare il libro clicca qui)

Con l’Ascensione al cielo di Cristo, alla destra del Padre ora siede anche l’umana natura, perché Cristo rimane Dio e uomo, come spiega molto bene un altro stichiròn: «Tu che, senza separarti dal seno paterno, o dolcissimo Gesù, hai vissuto sulla terra come uomo, oggi dal Monte degli Ulivi sei asceso nella gloria: e risollevando, compassionevole, la nostra natura caduta, l'hai fatta sedere con te accanto al Padre».

Ecco, la nostra natura umana adesso siede accanto al Padre nell’umanità di Cristo, primizia del posto dove anche noi siamo destinati ad andare. Poi dice: «Per questo le celesti schiere degli angeli, sbigottite per il prodigio stupivano e prese da timore, magnificavano il tuo amore per gli uomini». È proprio l’amore di Dio per gli uomini a far sì che Dio voglia la presenza dell’umanità di Cristo nel seno della Trinità e questo dice tutta la nostra dignità.
Concludiamo con un tratto tipico della tradizione bizantina che all’Ascensione vuole anche la presenza della Madonna al Monte degli Ulivi: «O Signore, compiuto nella tua bontà il mistero nascosto da secoli e generazioni, sei andato con i tuoi discepoli al Monte degli Ulivi insieme a Colei che ha partorito Te, creatore e artefice dell’universo. Bisognava infatti che godesse di immensa gioia per la glorificazione della tua carne colei che come madre più di tutti aveva sofferto nella tua passione. E anche noi, Sovrana, partecipi di questa gioia per la tua salita ai cieli glorifichiamo la grande misericordia che hai usato con noi».

Ascensione

È un tratto molto bello, anche teologicamente molto ricco, perché che cos'è l’ascensione al cielo se non la perfezione, il compimento della carne umana di Cristo che viene definitivamente assunta nella Trinità rimanendo appunto umanità? In questo senso possiamo dire che era giusto che colei che è stata all’inizio dell’incarnazione ne vedesse anche il compimento. Da qui questo tratto così dolce, così affettuoso della Chiesa d’Oriente che vede la Vergine anch’essa presente al momento dell’ascensione.

(Riflessioni di Mons.Francesco Braschi
trascrizione non rivista dall'autore)

Dopo aver compiuto tutto il piano di salvezza,e dopo aver ricongiunto ola terra al cielo, sei asceso nella Gloria o Cristo nostro Dio, senza abbandonarci ma permanendo inseparabilmente unito ai tuoi, e dicendo a quanti ti amano:"Io sono sempre con voi e nulla prevarrà contro di voi.

(tropario dell'Ascensione)

 

 

 

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Domenica di tutti i Santi

Domenica di tutti i Santi

Domenica di tutti i Santi

La prima domenica dopo Pentecoste l’anno Liturgico bizantino fa memoria di tutti i santi. da questa domenica fino, indicativamente alla fine di settembre la Liturgia domenicale propone brani tratti dal Vangelo di Matteo; il periodo successivo (fino al mese di gennaio) vede invece brani tratti dal Vangelo di Luca.
Non è un caso che Chiesa (anche quella occidentale) richiami la santità in questo periodo, dopo la Pentecoste, dopo la festa della Trinità: lo Spirito Santo ci infonde quella grazia che è cammino di santità…la festa di tutti i Santi ce lo ricorrda: splende tra di noi e nel mondo la luce della santità; San Paolo dice proprio che siamo circondati da una moltitudine di testimoni (Eb 12,1). Loro, i santi, sono persone come noi, che hanno desiderato la vita vera e si sono messi alla sua ricerca, intraprendendo  un cammino arduo. Sono persone che hanno conosciuto la vera gioia, che hanno vissuto  nella luce, nel bene e nella giustizia, che sono diventate luce per gli altri accendendo nelle loro anime lo stesso fuoco, la stessa luce…Come ci è necessaria oggi, questa forza della santità, dell’umiltà, del perdono, questa gioia delle cose granbdi dello spirito. Com’è importanye quiesto appello di Cristo: “voi, dunque, siate perfetti, come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli”
(A. Schmeman, “i passi della fede”, Ed. “La casa di Matriona” – per acquistare il libro clicca qui)

 

In che cosa consiste la santità? la santità è la perfezione della carità. E’ evidente che la carità è il solo elemento comune, per il quale poossiamo definire ogni tipo di santità, perchè niente di ciò che ha praticato tale o talaltro santo sembra essenziale alla santità tranne la carità, che è la misura e la forma di ogni progresso spirituale…Tutti noi siamo chiamati alla santità
(E. Galbiati – “La parola predicata” – Ed. Jaka Book)

Resurrezione

In tutto l’universo i tuoi martiri hanno ornato la Chiesa del loro sangue; rivestita di bisso e di porpora, con le loro labbra essa ti canta, o Cristo Dio: “ricolma della Tua compassione il Tuo popolo, dona a ogni vivente la Tua pace, e alle nostre anime la Tua grande misericordia” (Tropario della festa)

Come primizie della natura o Giardiniere del creato, l’universo ti offre i Martiri portatori di Dio. Per le loro preghiere e per l’intercessione della Madre di Dio, conserva il Tuo popolo e la Tua Chiesa in una pace serena, o molto misericordioso. (Kondak della festa)

 

 

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Sesta domenica dopo Pasqua

Sesta domenica dopo Pasqua

Sesta domenica dopo Pasqua – domenica “dei Santi Padri”

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La sesta domenica dopo Pasqua del calendario liturgico bizantino porta all’attenzione i Padri del primo Concilio Ecumenico di Nicea, tenutosi nel maggio dell’anno 325. In quella assise  venne affermata la consustanzialità del Padre e del Figlio, ribadendo la natura di Gesù “vero Dio e vero Uomo”, verità che furono  poi inserite nel credo recitato ancora oggi laddove si afferma “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”.
Queste affermazioni confermarono i fedeli cristiani turbati dalla dottrina di Ario (presbitero della Chiesa di Alessandria d’Egitto), in cui la natura divina di Gesù non veniva riconosciuta….il tema in realtà è piuttosto complesso e articolato; un approfondimento autorevole dell’argomento curato da Mons.Francesco Braschi si può trovare cliccando qui

In questa Domenica dopo l’Ascensione, il Vangelo di Giovanni ((Gv, 17, 1-13), propone alcuni aspetti della preghiera sacerdotale di Gesù, pronunciata al termine dell’ultima cena.

Gesù prega il Padre per sè, per i suoi cari apostoli, per tutti quelli che crederanno per il loro ministero. Specialmente, Egli prega per l’unità della  Chiesa. Gesù la domanda al Padre, la raccomanda ai suoi discepoli: che non soltanto il loro amore sia sempre simile a quello reciproco tra il Padre e il Figlio, ma che si uniscano  essi stessi al Padre e al Figlio per la fede e la carità.
Se Gesù, all’inizio di questa preghiera, domanda la propria glorificazione, è perchè nella Sua gloria sia glorificato il Padre; la Sua gloria e  quella del Padre coincidono. Egli è venuto sulla terra per dare agli uomini la vita eterna che è la gloria; ora è venuto il momento che Egli entri come uomo in questa gloria, quella che aveva presso il Padre, come Figlio, da tutta l’eternità

In questa preghiera si percepisce anche l’amorevolezza di Gesù verso i suoi:prega perchè possano essere anche loro con Lui, perchè vedano la Sua gloria…questa tenerezza Gesù la mostra anche a noi, lassù dove intercede per noi  e quaggiù con la Sua misteriosa presenza; perchè ce l’ha detto. “Io sono con voi tutti i giorni, fin o alla fine del mondo”.
(Mons. E. Galbiati, “La paola predicata” – ed. Jaca Book)

Nei tropari della domenica emerge ancora il tema della glorificazione del Figlio come riaffermato dai Santi Padri.

Icona dei Santi Padri

Sei glorificato, Cristo nostro Dio, che hai stabilito sulla terra i nostri Padri,
che come astri luminosi ci conducono verso la vera fede.
Ricco di misericordia,Signore, gloria a Te.
(Tropario della domenica)

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Sesta domenica dopo Pasqua

Quinta domenica dopo Pasqua

Quinta domenica dopo Pasqua – domenica “del cieco nato”

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La quinta domenica dopo Pasqua del calendario liturgico bizantino ricorda l’episodio della guarigione del cieco nato da parte di Gesù. Il vangelo di Giovanni (GV, 9, 1-41) evidenzia le diverse “posizioni umane” di fronte a questo fatto, dal riconoscimento umile e semplice del guarito, alla “cecità” dei autorità religiose di fronte alla frealtà. Ma gli spunti sono tantissimi…già all’inizio Gesù corregge i discepoli nella loro assunzione che la condizione del cieco fosse determinata dai peccati commessi da lui o “dai suoi genitori”: “nè lui nè i suoi genitori, ma è perchè in lui si manifestino le opere di Dio”; in questo miracolo, al cieco è chiesta una fiducia totale in Gesù: con il fango sugli occhi è chiamato a percorrere il tratto che lo porta alla fontana di Siloe, per poi tornare guarito.
Era un giorno di sabato, e da qui comincia la disputa con i farisei e i dottori della legge. 

L’episodio del cieco nato, che nel calendario della liturgia occidentale è posto in quaresima, nel rito bizantino viene invece posto nel tempo pasquale, a ricordarci  la luce della risurrezione di Cristo e, dunque: questo segno compiuto da Gesù è ricordato come un prodotto pasquale.

“Qui ci soffermiamo su due bellissimi stichirà che esprimono proprio anche la psicologia, le domande del cieco: «Il cieco nato diceva dentro di sé: “Sono forse nato privo della vista per un peccato dei miei genitori?, o sono forse nato così per significare l’incredulità delle genti? Non sono nemmeno in grado di capire se è notte, o se è giorno; i miei piedi non reggono urtando contro i sassi; non vedo infatti risplendere il sole, né vedo nella sua immagine Colui che mi ha plasmato. Ma io ti prego, o Cristo Dio, rivolgi su di me lo sguardo ed abbi pietà di me”». È bellissima questa insistenza sul tema del vedere: io non riesco a vedere “non vedo risplendere il sole, non so nemmeno se è notte o giorno, ma ti prego, o Cristo Dio, rivolgi su di me lo sguardo”. È lo sguardo che Cristo rivolge a noi che ci permette di vedere.
“Anche un altro tropario mette bene in luce questo desiderio del cieco: «O Sovrano, e Artefice di tutte le cose, passando per la strada trovasti seduto un cieco che gemeva dicendo: “Mai ho visto nella mia vita brillare il sole, né la luna irradiare il suo splendore. Per questo a te grido! O, Tu, nato dalla Vergine, per illuminare l’universo, illumina anche me nella tua compassione, affinché anche io mi getti ai tuoi piedi, gridando: Cristo, Dio, Sovrano!, donami il perdono delle colpe nell’abbondanza della tua misericordia!”». Anche qua vediamo il punto di contatto: l’illuminazione di tutto il creato diventa il dono della luce a chi non poteva vedere niente. E, dunque, non esiste un’illuminazione separata dalla possibilità di essere illuminati personalmente”.

(riflessioni di Mons. Francesco Braschi
trascrizione non rivista dall’autore)

Icona del cieco nato

 

 

Gli occhi ottenebrati della mia anima si volgono a Te, o Cristo Dio,
e come il cieco dalla nascita nel pentimento a Te acclamo:
“Per coloro che sono nelle tenebre Tu sei splendida luce”
(Kondak della domenica “del cieco nato”).

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Sesta domenica dopo Pasqua

Quarta domenica dopo Pasqua

Quarta domenica dopo Pasqua – domenica “della samaritana”

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La  quarta domenica dopo Pasqua del calendario liturgico bizantino ricorda l’incontro tra Gesù e una donna samaritana. Il dialogo, riportato al capitolo 4 del Vangelo di San Giovanni, mette in evidenza una intensità tutta particolare…ogni domanda della donna, mai banale, trova nella risposta di Gesù un approfondimento, una lettura  che provoca a una domanda successiva, in un crescendo drammatico che la samaritana cerca di scansare ma da cui alla fine, viene vinta: “venite a vedere uno che mi ha detto tutto quello che ho fatto”.

 

Questo Vangelo, che nella liturgia della Chiesa occidentale viene letto in Quaresima, ci mostra un Gesù che si sta avvicinando al culmine della sua missione, che porta le domande a un punto di verità capace di vincere ogni tentativo di riduzione:
– “se tu conoscessi, il dono di Dio e che ti chiede dammi da bere, tu stessa lo pregheresti e lui ti darebbe acqua viva”
– “chiunque beve di quest’acqua avrà ancora sete ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno”
Quando poi la donna scopre che Gesù conosce bene la storia della sua vita, tenta di trattare la cosa spostando l’attenzione “vedo che tu sei un profeta” (come dire sei un esperto di cose religiose)  riproponendo l’antico dilemma (sempre in essere tra Giudei e Samaritani) sul luogo in cui occorra adorare; ma Gesù ancora una volta va alla radice della domanda:
– “credimi, donna, è giunto il momento in cui i veri adoratori adorino Dio in spirito e verità”
Ogni tentativo di ridurre la domanda è vinto, a questo punto la domanda vera, essenziale e la definitiva rivelazione di Gesù: “so che deve venire il Messia; quando verrà ci annunzierà ogni cosa”; “Sono Io, che parlo con Te”.
Gesù manifesta il Suo amore per ciascuno di noi proprio nel fatto di condurci fino alla domanda in cui Lui ci possa dire “sono Io colui che tu cerchi”
A questo punto la samaritana diventa testimone, annunciatrice di un incontro che le ha rivelato il Messia. E la gente la seguì fino a Gesù.

Incontro tra Gesù a la samaritana - Duomo di Monreale

Un richiamo significativo di questo episodio in riferimento al tempo di Pasqua è senza dubbio l’affermazione di Gesù sull’adorare Dio  “in spirito e verità”: non cioè attraverso norme, leggi o prescrizioni, ma trasformando la propria vita in un unico slancio di amore e di libertà, di gioia e di ispirazione. Senza Spirito e Verità l’uomo non può vivere, la loro forza e più forte di ogni altra cosa al mondo.
(A. Schemann, “i passi della fede”, Ed. “La casa di Matriona” – per acquistare il libro clicca qui)

Venuta al pozzo con fede, la Samaritana riconobbe in Te la fonte della Sapienza; dissetandosene copiosamente ereditò il Regno dei Cieli. Per questo sarà sempre Glorificata.
(Kondak della domenica “della samaritana”)

 

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Sesta domenica dopo Pasqua

Terza domenica dopo Pasqua

Terza domenica dopo Pasqua – domenica “del paralitico”

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La terza domenica dopo Pasqua nel calendario liturgico bizantino viene ricordato il miracolo con cui Gesù guarì il paralitico che si trovava presso la piscina detta Betzatà. Un povero malato che dal suo lettuccio implorava inutilmente di poter essere immerso nella piscina nei momenti in cui le acque, agitate dalla presenza di un angelo, diventavano miracolose. Nessuno si curava di lui.

 

 

A questo uomo, Gesù viene immediatamente in soccorso, in giorno di sabato, e lo guarisce all’istante. La condizione del paralitico (per cui il letto era diventato una tomba) è quella di  “un morto insepolto”, uno al quale la vita risulta un non-senso. Solo  l’intervento di Gesù lo guarisce; la sua parola (“prendi il tuo lettuccio”) lo restituisce alla vita. La liturgia coglie in questa figura la condizione umana in cui siamo tutti a causa dei nostri peccati.

A questo grido “non c’è nessun uomo che mi possa salvare” Gesù risorto dice “io sono morto e risorto per te; e tu dici “non ho nessuno?”.
Con la sua morte e risurrezione non siamo mai più soli, la nostra condizione di solitudine è vinta per sempre.

L’altro aspetto che ci viene ricordato è il richiamo di Gesù: “non peccare più, perchè non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio”. E’ uno squarcio sulla malattia che viene determinata in noi dal peccato, una paralisi dell’anima da cui la mendicanza a Lui, la mendicanza di Lui ci guarisce.

 

Di questo è poetica espressione il tropario della domenica:

Icona di Gesù che guarisce il paralitico

O Signore alla mia anima, paralizzata dai miei peccati e dalle mie trasgressioni, accorda, come al paralitico, la guarigione nella tua divina provvidenza, affinchè, liberato, io possa cantare, o Salvatore: “Misericordioso, gloria alla Tua potenza o Cristo”

 

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