Quinta domenica dopo Pasqua – domenica “del cieco nato”

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La quinta domenica dopo Pasqua del calendario liturgico bizantino ricorda l’episodio della guarigione del cieco nato da parte di Gesù. Il vangelo di Giovanni (GV, 9, 1-41) evidenzia le diverse “posizioni umane” di fronte a questo fatto, dal riconoscimento umile e semplice del guarito, alla “cecità” dei autorità religiose di fronte alla frealtà. Ma gli spunti sono tantissimi…già all’inizio Gesù corregge i discepoli nella loro assunzione che la condizione del cieco fosse determinata dai peccati commessi da lui o “dai suoi genitori”: “nè lui nè i suoi genitori, ma è perchè in lui si manifestino le opere di Dio”; in questo miracolo, al cieco è chiesta una fiducia totale in Gesù: con il fango sugli occhi è chiamato a percorrere il tratto che lo porta alla fontana di Siloe, per poi tornare guarito.
Era un giorno di sabato, e da qui comincia la disputa con i farisei e i dottori della legge. 

L’episodio del cieco nato, che nel calendario della liturgia occidentale è posto in quaresima, nel rito bizantino viene invece posto nel tempo pasquale, a ricordarci  la luce della risurrezione di Cristo e, dunque: questo segno compiuto da Gesù è ricordato come un prodotto pasquale.

“Qui ci soffermiamo su due bellissimi stichirà che esprimono proprio anche la psicologia, le domande del cieco: «Il cieco nato diceva dentro di sé: “Sono forse nato privo della vista per un peccato dei miei genitori?, o sono forse nato così per significare l’incredulità delle genti? Non sono nemmeno in grado di capire se è notte, o se è giorno; i miei piedi non reggono urtando contro i sassi; non vedo infatti risplendere il sole, né vedo nella sua immagine Colui che mi ha plasmato. Ma io ti prego, o Cristo Dio, rivolgi su di me lo sguardo ed abbi pietà di me”». È bellissima questa insistenza sul tema del vedere: io non riesco a vedere “non vedo risplendere il sole, non so nemmeno se è notte o giorno, ma ti prego, o Cristo Dio, rivolgi su di me lo sguardo”. È lo sguardo che Cristo rivolge a noi che ci permette di vedere.
“Anche un altro tropario mette bene in luce questo desiderio del cieco: «O Sovrano, e Artefice di tutte le cose, passando per la strada trovasti seduto un cieco che gemeva dicendo: “Mai ho visto nella mia vita brillare il sole, né la luna irradiare il suo splendore. Per questo a te grido! O, Tu, nato dalla Vergine, per illuminare l’universo, illumina anche me nella tua compassione, affinché anche io mi getti ai tuoi piedi, gridando: Cristo, Dio, Sovrano!, donami il perdono delle colpe nell’abbondanza della tua misericordia!”». Anche qua vediamo il punto di contatto: l’illuminazione di tutto il creato diventa il dono della luce a chi non poteva vedere niente. E, dunque, non esiste un’illuminazione separata dalla possibilità di essere illuminati personalmente”.

(riflessioni di Mons. Francesco Braschi
trascrizione non rivista dall’autore)

Icona del cieco nato

 

 

Gli occhi ottenebrati della mia anima si volgono a Te, o Cristo Dio,
e come il cieco dalla nascita nel pentimento a Te acclamo:
“Per coloro che sono nelle tenebre Tu sei splendida luce”
(Kondak della domenica “del cieco nato”).

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